Vescovo di Gerusalemme dal 313 al 334 (fonte qui)

Conosciamo Macario soltanto come vescovo di Gerusalemme. Ma al suo tempo Gerusalemme non c’è più. Già nell’anno 70 il Tempio era stato distrutto. Nel 135, poi, la città stessa è stata rasa al suolo: sulle sue rovine è sorta Aelia Capitolina, col suo Campidoglio costruito sul luogo della sepoltura di Gesù. Macario vive come vescovo un momento importantissimo. La “pace costantiniana” si estende a tutto l’Impero. Macario ottiene dal sovrano il consenso per abbattere il Campidoglio, e così fa tornare alla luce l’area del Calvario e del Sepolcro. Macario, inoltre, si oppone alla dottrina ariana, e interviene poi nel maggio del 325 al Concilio celebrato a Nicea. Si ritiene che il vescovo Macario sia stato uno degli autori del Simbolo niceno, ossia del Credo che ancora oggi pronunciamo.

Ecco un suo scritto tratto dall’ufficio delle letture:


Dalle «Omelie» attribuite a san Macario, vescovo
(Om. 28; PG 34, 710-711)

​L’anima che non è dimora di Cristo è infelice


 Una volta Dio, adirato contro i Giudei, diede Gerusalemme in balia dei loro nemici. Così caddero proprio sotto il dominio di coloro che essi odiavano e si trovarono nell’impossibilità di celebrare i giorni festivi e di offrire sacrifici. Nello stesso modo, Dio, adirato contro un’anima che trasgredisce i suoi precetti, la consegna ai suoi nemici, i quali, dopo averla indotta a fare il male, la devastano completamente. Una casa, non più abitata dal padrone, rimane chiusa e oscura, cadendo in abbandono; di conseguenza si riempie di polvere e di sporcizia. Nella stessa condizione è l’anima che rimane priva del suo Signore. Prima tutta luminosa della sua presenza e del giubilo degli angeli, poi si immerge nelle tenebre del peccato, di sentimenti iniqui e di ogni cattiveria.
   Povera quella strada che non è percorsa da alcuno e non è rallegrata da alcuna voce d’uomo! Essa finisce per essere il ritrovo preferito di ogni genere di bestie. Povera quell’anima in cui non cammina il Signore, che con la sua voce ne allontani le bestie spirituali della malvagità! Guai alla terra priva del contadino che la lavori! Guai alla nave senza timoniere! Sbattuta dai marosi e travolta dalla tempesta, andrà in rovina.
   Guai all’anima che non ha in sè il vero timoniere, Cristo! Avvolta dalle tenebre di un mare agitato e sbattuta dalle onde degli affetti malsani, sconquassata dagli spiriti maligni come da un uragano invernale, andrà miseramente in rovina. 
   Guai all’anima priva di Cristo, l’unico che possa coltivarla diligentemente perché produca i buoni frutti dello Spirito! Infatti, una volta abbandonata, sarà tutta invasa da spine e rovi e, invece di produrre frutti, finirà nel fuoco. Guai a quell’anima che non avrà Cristo in sè! Lasciata sola, comincerà ad essere terreno fertile di inclinazioni malsane e finirà per diventare una sentina di vizi.
   Il contadino, quando si accinge a lavorare la terra, sceglie gli strumenti più adatti e veste anche l’abito più acconcio al genere di lavoro. Così Cristo, re dei cieli e vero agricoltore, venendo verso l’umanità, devastata dal peccato, prese un corpo umano, e, portando la croce come strumento di lavoro, dissodò l’anima arida e incolta, ne strappò via le spine e i rovi degli spiriti malvagi, divelse il loglio del male e gettò al fuoco tutta la paglia dei peccati. La lavorò così col legno della croce e piantò in lei il giardino amenissimo dello Spirito. Esso produce ogni genere di frutti soavi e squisiti per Dio, che ne è il padrone. 

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