La parola “cuore” è utilizzata in moltissimi contesti e ha perlopiù un’accezione melensa, patetica, legata all’emotività. Ma nel contesto biblico/teologico è un’altra “password”, una parola fondamentale per comprendere i contenuti della Rivelazione che Dio ha fatto di Sè e della Sua creatura prediletta: l’essere umano. Vediamo di approfondire.
Al n. 368 del Catechismo della Chiesa cattolica (CCC) leggiamo:
“la tradizione spirituale della Chiesa insiste (…) sul cuore, nel senso biblico di profondità dell’essere, dove la persona si decide o no per Dio”.
“Cuore” è una di quelle parole che esprimono l’unità profonda, sostanziale dell’uomo, che descrive “l’uni-dualità” rispetto ai due distinti principi di cui l’uomo si compone (anima e corpo; spirito e materia); questi due principi, infatti, non vengono “assemblati” l’uno con l’altro, ma la loro fusione crea un tutto “terzo”, l’essere umano appunto, che è più della somma delle parti:
«L’unità dell’anima e del corpo è così profonda che si deve considerare l’anima come ‘forma’ del corpo; ciò significa che, grazie all’anima spirituale, il corpo, composto di materia, è un corpo umano e vivente; lo spirito e la materia, nell’uomo, non sono due nature congiunte, ma la loro unione forma un’unica natura» (CCC 365).
La persona umana (ossia, il composto psico-somatico; l’essere umano esistente) possiede dunque dentro di sé un “fundus animae” (la “profondità dell’essere”, come dice il CCC cit.).
È da questa “profondità” che si irradiano le diverse realtà che compongono l’individuo umano, ed è questa profondità che le mantiene unite in esso.
Tale profondità, in quanto sperimentata dall’uomo come “centro” originario della persona psicosomatica, è designata con la parola “cuore”, in ebraico “leb”, in greco “cardia”.
Non si tratta, però, di una semplice metafora: infatti, la medesima parola è usata sia per designare la suddetta profondità dell’essere come centrale in noi, sia per designare il cuore anatomico, che sta al centro e che, come simbolo reale, reagisce (per es. accelera o diminuisce i battiti) a seconda dello stato psicosomatico della persona.
Dal punto di vista antropologico biblico è importante sottolineare anche un altro aspetto fondamentale del “cuore”, ovvero la sua “disposizione teologale”, la sua facoltà di relazionarsi e autodeterminarsi per Dio:
“Il cuore è (…) il nostro centro nascosto, irraggiungibile dalla nostra ragione e dagli altri; solo lo Spirito di Dio può scrutarlo e conoscerlo. È il luogo della decisione, che sta nel più profondo delle nostre facoltà psichiche. È il luogo della verità, là dove scegliamo la vita o la morte. È il luogo dell’incontro, poiché, ad immagine di Dio, viviamo in relazione: è il luogo dell’alleanza” (CCC 2563).
L’uomo biblico può rifiutare l’originaria apertura del cuore verso Dio e gli altri, e cercare un altro “padrone”:
“Là dove è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore (…), nessuno può servire a due padroni” (Mt 6,21-24).
Perciò Dio, rivolgendosi a Israele e, mediante Israele e i profeti, a tutti gli uomini, ordina:
“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore” (Dt 6,4).
Questo comandamento, ripetuto nell’AT e nel NT, rivela la misericordia di Dio, che rassicura il cuore dei peccatori, perché Dio è più grande del cuore umano:
“Davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa” (1Gv 3,19-20).
Lo sforzo di conversione non è, dunque, soltanto opera dell’uomo: l’esperienza del “cuore contrito e affranto” (Sal 51,19), ossia il ritorno libero a quel Dio che aveva cercato di rifiutare, è anzitutto opera della grazia, poiché è Dio stesso che per primo ci ama e ci ha creato capaci di amarlo.
Le prime manifestazioni misteriose del Figlio di Dio salvatore, accolte con fede da Maria e Giuseppe, sono serbate da Maria nel cuore (cf Lc 2,51), ossia, in quella profondità della persona che è aperta a Dio.
Ugualmente, i poveri e i piccoli accolgono il Vangelo e, a causa del loro “cuore puro”, della loro accettazione della chiamata di Dio, vedranno Dio (cf Mt 5,8).
La Legge non appare più incisa su tavole di pietra, ma scritta nel cuore del Servo di Dio (cf Ger 31,33).
E nelle discussioni con alcuni dottori della Legge, Gesù, dicendo che dal di dentro, cioè dal cuore dell’uomo escono le cose che lo rendono impuro, vuole dire che l’uomo è impuro quando l’esercizio della libertà, invece di accettare l’inclinazione della profondità originaria della persona verso Dio e il prossimo, al contrario, cerca di distruggerla con le intenzioni cattive:
“fornicazioni, furti, omicidi, adultèri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza” (cf Mc 7,18 22; Mt 15, 19).
Gesù risorto rimprovera ai discepoli la loro durezza di cuore perché non hanno creduto all’annuncio della sua risurrezione, ma hanno cercato di rinchiudersi nel loro smarrimento e spavento, dimenticando le promesse.
Inoltre, il Risorto abita mediante la fede nel cuore dei credenti (cf Ef 5,17), ossia, egli rinasce continuamente in coloro che vivono la loro apertura a Dio unendosi a Cristo mediante l’amore fondato sulla fede.
Concludendo, gli esempi addotti indicano chiaramente che l’uomo biblico possiede un centro, un fondo, il suo cuore (“un baratro è l’uomo e il suo cuore un abisso”, Sal 63,7), dove sussiste la sua irripetibile unicità di persona umana dotata di pensieri e sentimenti, di intelletto e volontà, il “luogo” della relazione con Dio.
Riflettiamo dunque sul fatto che Dio scruta i cuori. E che la Parola di Dio (Cristo) discerne i pensieri e i sentimenti del cuore. Che il Signore trovi in noi un cuore caratterizzato da una decisione convinta e consapevole per Lui.
©️AMRP – a cura di Roberto Mastrantonio (diacono)
Fonte: Dizionario di Mistica (L. Borriello – E. Caruana M.R. Del Genio – N. Suffi)
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