La parola significa ‘corona di rose’. Deriva dall’uso nel Medioevo di ornare le statue della Vergine con ghirlande fiorite, e quell’origine traspare anche nell’italiano ‘dire la corona’ o nel francese ‘chapelet’ (rosario) che rimanda al copricapo (chapeau) floreale. Le prime preghiere con il rosario risalirebbero all’XI-XII secolo: nelle abbazie cistercensi i monaci recitavano tutti i 150 salmi in una settimana, ma chi fra loro non capiva il latino li sostituiva con il Padre nostro e 150 Ave Maria. Le invocazioni si diffusero così tra i fedeli, in larga misura analfabeti: erano dette ‘salterio della Vergine Maria’ o ‘rosario’ come l’omaggio floreale a lei. Dunque una preghiera di origine popolare. Secondo alcuni storici influì anche l’uso orientale di pregare con la corda di nodi o grani, nota ai Padri del deserto (II-IV secolo) e nel VII secolo arrivata in Francia alla corte dei re merovingi. Il passaggio oltre le mura dei monasteri avvenne grazie ai predicatori: all’inizio del ‘400 la corona sugli eventi della vita di Cristo, composta dal priore di Treviri Domenico di Prussia, fu diffusa dal predicatore domenicano Alain de la Roche. Nascevano le basi per la dimensione collettiva del rosario, recitato su strumenti di origine molto più antica.
Da devozione a preghiera della Chiesa universale
Padre Alain nel 1470 fondò la prima ‘Confraternita del salterio della Vergine’ a Douai, in Francia, per diffondere ovunque la contemplazione dei misteri gioiosi, dolorosi e gloriosi. D’altronde nel suo ordine religioso, i domenicani, l’origine del
rosario era attribuita al fondatore san Domenico di Guzman (morto nel 1221), che l’aveva ricevuto in dono dalla stessa Vergine per convertire senza violenza gli eretici. La corona si diffuse in ogni caso dopo il Concilio di Trento (1545-1563): era ‘devozione divinissima’ per san Carlo Borromeo e ‘flagello dei demoni’ per Papa Adriano VI. In ringraziamento per la vittoria navale di Lepanto sui turchi il 7 ottobre 1571, il domenicano Pio V istituì la festa di Nostra Signora del Rosario. Nell’800 l’orazione si radicò ancora più profondamente tra i fedeli: nel 1858 la Vergine apparve a Bernadette con un rosario in mano. Papa Leone XIII dedicò alla corona numerose encicliche tra 1883 e 1891. Nel 1917 a Fatima la Madre di Dio si presentò dicendo: “Sono la Madonna del Rosario” esortando a pregarlo ogni giorno “per far cessare la guerra, per il perdono dei peccati e per cambiare vita”.
Il dono di Maria
Il rosario per secoli fu la preghiera dei fedeli più semplici, con la corona in tasca anche nel duro lavoro nei campi: se l’Angelus (all’alba, a mezzodì e al tramonto) scandiva la giornata, la sera nelle case ci si riuniva per il rosario. Non se ne separavano anche molti santi. Tra gli altri, Caterina da Siena, Filippo Neri e Ignazio di Loyola, Alfonso de’ Liguori, (‘Da questa devozione dipende la mia salvezza’), Margherita Alacoque, fino a Giovanni Bosco, Massimiliano Kolbe (“Quante corone, tante anime salve”) e alla giovane Maria Goretti. Per il beato Annibale Di Francia era “una scala di grazie che tutti possiamo salire”. Teresa di Lisieux, dottore della Chiesa, assicurava: “col rosario si può ottenere tutto. Non c’è preghiera più gradita a Dio. E’ la catena che lega il cielo alla terra, un’estremità nelle nostre mani e l’altra in quelle della Santa Vergine. Sale come incenso ai piedi dell’Onnipotente. Maria lo rinvia subito come benefica rugiada, che rigenera i cuori”.
I misteri del ‘Dio con noi’ nel ritmo della vita umana
Papa Pio XII vedeva in quest’orazione “un inno di lode, compendio di vita cristiana, pegno sicuro del favore celeste”. Per Paolo VI era “sintesi di tutto il Vangelo, per supplicare la Madre di tutte le grazie di soccorrere la Chiesa e l’umanità nelle loro ansie turbolente”. Ma anche Papa Giovanni Paolo I confidò: “Mi fa essere, almeno per qualche mezz’ora, davanti a Dio quello che in realtà sono con la mia miseria e con il meglio di me stesso, anche piangendo perché mi venga usata misericordia. Il rosario mi aiuta a pregare e ad essere fanciullo, e non me ne vergogno”. San Giovanni Paolo II, nell’Anno del Rosario 2002 donò ai fedeli una quarta serie di 5 misteri luminosi (dedicati alla vita di Cristo, luce del mondo). Nei 20 misteri attuali c’è il ritmo della vita umana: “Il rosario è la mia preghiera preferita nella sua semplicità e profondità – indicava Papa Wojtyla – Ci porta in comunione viva con Gesù attraverso il Cuore di sua Madre e raccoglie tutti gli eventi della nostra vita, della Chiesa, dell’umanità”. Anche nei mesi del covid Papa Francesco ha ribadito: “Quando tutto sembra vacillare, il rosario ci fa saldi in ciò che conta davvero. È la preghiera quotidiana degli umili e dei santi”. Ha chiesto di concluderlo ogni giorno con le orazioni Sub tuum praesidium e a San Michele arcangelo, invocando la pace e il sostegno alla Chiesa nelle prove.
Quelle parole ripetute e mai uguali, fonte viva di fiducia
La “dolce catena che ci lega a Dio” per il beato Bartolo Longo, fondatore nel 1891 del santuario della Madonna del Rosario di Pompei, con la sua ripetitività ci immerge nell’abbandono più fiducioso a Dio. Anche nell’angoscia, unirci a Maria e alla Chiesa ci fa tenere gli occhi fissi su Gesù, in un nuovo dinamismo di fede. Non ripetiamo mai le parole allo stesso modo, la formula diventa preghiera spontanea, come per Cristo sulla croce il salmo 21 (Mio Dio, perché mi hai abbandonato), ricevendo dal Padre la vita. Una scuola di fede dunque, “avvalorata dalle più grandi promesse della Beatissima Vergine” ribadiva Longo. Al rosario recitato davanti al SS. Sacramento è legata l’indulgenza plenaria: san Pio da Pietrelcina pregava così. Insegnava ad affrettare con centinaia di rosari la liberazione delle anime dal Purgatorio, dando loro sollievo. Donando una corona ad una fedele disse: “Ti affido un tesoro: vuotiamo il Purgatorio”. Raccomandava di pregare in famiglia i misteri dell’amore divino per la conversione dell’umanità. Una fiducia condivisa con santa Teresa di Lisieux: “finché il rosario sarà recitato, Dio non potrà abbandonare il mondo, perché questa preghiera è potente sul suo cuore”.
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