Bene, passiamo dunque al secondo aspetto, ovvero le conseguenze della caduta: gli effetti del peccato.
4. SINTOMI
4.1 Spirito, anima, corpo
Per approfondire le conseguenze prodotte dalla ribellione di Lucifero e della scelta stolta di Adamo, occorre prima di tutto fare riferimento alla costituzione di ogni essere umano, in cui crediamo per Rivelazione divina. Perchè? Perchè il peccato è paragonabile ad un fiume, e in ogni fiume esistono sempre una sorgente ed una foce. La sorgente del peccato è il cuore dell’uomo, la foce le sue azioni. Dio ha creato l’essere umano con un’unica natura, risultante da due principi uniti: l’essere umano è infatti uno spirito (autocosciente e libero) che anima un corpo.
Così ogni essere umano vive simultaneamente in un contesto esteriore, il mondo (cosmos), e in un contesto interiore (la mente). San Paolo in 1Ts 5,23 descrive la nostra antropologia affermando: “[…] tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo”.
Ora bisogna evitare di credere che esistano tre “parti” distinte in noi, piuttosto la teologia insegna che spirito, anima e corpo sono tre possibilità di relazione: con Dio, con noi stessi e con gli altri. Siamo sempre e contemporaneamente:
- spirito per avere una relazione con Dio che è Spirito Creatore e con altri spiriti creati (angeli e umani),
- anima (“psychè”, psiche, mente) per avere una relazione con noi stessi
- e corpo per avere relazioni con gli altri.
Non sappiamo forse che il peccato ha a che fare con il venir meno nell’amare Dio, e il prossimo come noi stessi? Infatti anche il peccato ha tre dimensioni, una spirituale, una morale (psicologica) e una comportamentale (etica). Giovanni scrive in 1Gv 2,16 proprio di questa triplice dimensione del peccato, parlando di “concupiscenza della carne” (corpo), “concupiscenza degli occhi” (mente) e “orgoglio della vita” (spirito).
Ora possiamo cominciare a comprendere quale sia l’effetto del peccato: è l’interruzione di una relazione d’amore. Quella che dovremmo avere con Dio, con noi stessi e con gli altri. Il peccato “uccide” la relazione d’amore, per questo viene detto “mortale”. Con il peccato la Grazia viene persa, cioè l’Amore, Dio. Ecco perchè “il salario del peccato è la morte”. Perchè la morte è il simbolo di irrelazionalità per eccellenza, in tutte le sue forme.
La morte impedisce la relazione. Nella morte non è possibile la relazione, si rompe, si guasta, smette di funzionare (ecco perchè si parla di “de-funti”, non più funzionanti cioè).
Dunque esiste una morte fisica che impedisce la relazione con gli altri, esiste una morte psicologica che impedisce la relazione con se stessi ed esiste una morte spirituale che impedisce la relazione con Dio. E di tutte il peccato ne è sia la causa che l’effetto. È per questa malattia del peccato che esistono omicidi, tradimenti, dipendenze, inganni, bestemmie, guerre, pedofilia, pornografia, ecc..
Tutte queste cose uccidono l’amore: per Dio, per se stessi e per gli altri.
Ama Dio chi ricorre alla divinazione, all’oroscopo, ai tarocchi? Ama Dio chi gode per le sofferenze altrui? Ama Dio chi approva la pena di morte? No.
Ama se stesso chi abusa il tempio del suo corpo con la droga o con una sessualità disordinata? Ama se stesso chi si lascia andare e si trascura? Ama se stesso chi non prende sul serio la conversione? No.
Ama gli altri chi si gira dall’altra parte davanti ad una persona in difficoltà? Ama gli altri chi non paga le tasse o non rispetta l’ambiente? Ama gli altri chi approva gruppi violenti o razzisti? No.
Sono esempi banali per evidenziare come il peccato uccide le relazioni, personali, familiari, sociali, ecclesiali e spirituali con Dio.
Tutto il mondo purtroppo subisce gli effetti di questo grave problema. Tutti gli esseri umani sono cattivi, come ha detto Gesù: “Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano!” (Mt 7,11).
Ma in che modo il peccato altera queste relazioni fino ad ucciderle? Cosa succede dentro di noi quando invece di amare scegliamo di non farlo? Con consapevolezza o assoluta frivolezza cadiamo nel peccato di continuo. Cosa produce in noi questa malattia dell’anima?
4.2 Concupiscenza
Dopo il peccato originale tutti gli uomini nascono soggetti ai suoi effetti, propagatisi come un’infezione: con la perdita dell’amicizia con Dio che costituiva l’uomo nella grazia originaria, si nasce con una disarmonia interna: la «concupiscenza», i desideri della carne in conflitto con i desideri dello spirito per la mancanza della giusta subordinazione della carne allo spirito, dell’uomo a Dio.
Qui bisogna di nuovo focalizzare l’attenzione e sforzarsi di comprendere l’impatto devastante di questa disarmonia.
Cosa significa “concupiscenza”? La parola in sè significa “desiderio, bramosia”, non sarebbe dunque una parola “cattiva”. In effetti il problema che sperimentiamo con il peccato è però proprio legato al desiderio.
Infatti esiste in noi una capacità razionale di classificare i beni della creazione secondo una scala di valori, dal più grande al più piccolo. I beni della creazione sono molti ma non hanno tutti lo stesso valore! Un fiore è meno desiderabile di un figlio, un’amicizia è più desiderabile di un automobile, Dio è desiderabile più di ogni bene, poichè è il Bene supremo. Questa capacità razionale sant’Agostino la definiva “ordo amoris”, l’ordine dell’amore. L’amore è ordinato secondo ragione, non è solo un sentimento!
Eppure a causa del peccato quest’ordine si confonde dentro di noi e ci troviamo a desiderare di più beni che dovrebbero valere di meno. Attacchiamo il cuore a tesori che non sono tali. Vediamo l’effetto drammatico di questa disarmonia intorno a noi ogni giorno purtroppo: femminicidi, omicidi per questioni futili, famiglie distrutte da tradimenti, persone che vivono solo per la carriera e trascurano i figli, ecc. È il dramma del giovane ricco che di fronte a Gesù, Dio, Sommo Bene, andò via “rattristato poichè aveva molti beni” (Mt 19,22).
Ecco l’irrazionalità del peccato: un cuore che considera un bene inferiore come superiore al suo reale valore. Ecco perchè nel libro della Genesi leggiamo che Adamo ed Eva hanno mangiato il frutto dell’albero della conoscenza (“conoscere” in ebraico significa anche “amare”) del bene e del male! Noi amiamo indifferentemente il bene e il male, si confondono in noi… È una condizione terribile. Guardiamo all’umanità e alla sua storia: riusciamo in opere grandiose, stupende, costruttive. Eppure abbiamo anche toccato l’abisso della cattiveria, della distruzione. Ecco quali sono gli effetti terribili e mortiferi del peccato.
Il peccato ci rende incapaci di sapere quello che facciamo, ci fa ragionare come ragiona satana e non Dio. Per questo Gesù ha detto sulla croce: “Padre perdona loro perchè non sanno quello che fanno!”. (Lc 23,34)
Passiamo ora all’ultimo capitolo di questa “password”, la cura del peccato, con le parole di Paolo, a conferma di quanto detto fin qui:
“Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore!” (Rm 7,18-25)
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